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Cresce il rischio stagnazione: a fine 2022 soffrono industria e costruzioni, reggono i servizi

Cresce il rischio di stagnazione a fine 2022: il prezzo del gas è di nuovo in rialzo e balzano i tassi di interesse. L’industria accusa il colpo, le costruzioni sono in calo, ma reggono i servizi e gli occupati totali continuano a crescere. Extra-risparmio accumulato: verrà speso solo in piccola parte per sostenere i consumi. L’export italiano è altalenante, tra la flessione dell’industria nell’Eurozona e la crescita lenta negli USA.

L’economia italiana e internazionale in breve

  • Frenata di fine anno. Aumenta il rischio di una stagnazione per l’economia italiana: il prezzo del gas sta di nuovo salendo e il caro-energia accresce i costi ormai da 12 mesi, mitigato, solo in parte, dagli interventi del Governo; l’inflazione ai massimi e persistente frenerà i consumi; il rialzo dei tassi si sta accentuando e zavorra i bilanci. Gli indicatori sono al ribasso, anche riguardo la domanda; il turismo, esaurito il rimbalzo, potrebbe spingere meno in inverno, come già le costruzioni in estate.
  • Gas in rialzo. Il prezzo del gas in Europa torna a crescere a dicembre (137 euro/mwh in media, da 96 a novembre); le difficili trattative UE su un price cap, proposto a un livello ancora più alto, non aiutano. Il petrolio invece ha registrato una flessione marcata a dicembre, a 81 dollari al barile (da 91), sulla scia di un mercato mondiale ben rifornito. La flessione delle commodity non energetiche sembra essersi fermata (+0,7% a novembre), sui livelli elevati toccati nel 2021 (+37% da fine 2019).
  • Balzo dei tassi. Si è impennato in ottobre il costo del credito per le imprese italiane: 3,14% per le PMI da 1,74% a inizio 2022, 2,19% per le grandi da 0,76%. Questo aggravio di costi inciderà negativamente sugli investimenti. Il BTP, che era in flessione da metà ottobre (3,49% a dicembre, da un picco di 4,69%), è risalito a 4,06% a seguito del rialzo dei tassi deciso dalla BCE il 15 dicembre (a 2,50%).
  • L’industria accusa il colpo. La produzione ha subito un secondo marcato calo in ottobre (-1,0%, dopo il -1,7% a settembre). Hanno tenuto solo i beni strumentali, mentre hanno ceduto gli altri settori. Il 4° trimestre si apre, quindi, con una variazione acquisita molto negativa (-1,5%), più pesante di quella del 3° (-0,5%), come segnalavano da alcuni mesi i dati qualitativi: gli ordini in progressivo calo e le scorte in rapido aumento suggerivano che le imprese avrebbero dovuto correggere al ribasso il livello di produzione (ma a breve è atteso un rimbalzo); inoltre, il PMI a novembre, pur recuperando, è rimasto in area di contrazione (48,4 da 46,5) e la fiducia delle imprese è risalita ma è ancora compressa.
  • Costruzioni in calo. La flessione nel 3° trimestre è stata forte: -1,3% gli investimenti, -2,2% la produzione. Il settore veniva da 6 trimestri di forte espansione. In prospettiva, le indagini Banca d’Italia segnalano il proseguire di una fase di debolezza, sia in termini di domanda che di contesto economico.
  • Tengono i servizi. Il recupero estivo del turismo e della spesa per servizi (+3,1%) è stato cruciale per il settore, unico in crescita nel 3° trimestre (+0,9%). Per il 4°, i segnali sono in miglioramento: a novembre il PMI è risalito vicino alla soglia neutrale (49,5 da 46,4), la fiducia delle imprese di servizi ha recuperato un po’ di terreno, i volumi di veicoli sulle autostrade sono poco sotto i valori del 2019 (-0,2%).
  • Gli occupati crescono. I dati mostrano il proseguire dell’espansione dell’occupazione in Italia nel bimestre settembre-ottobre (+0,3% su luglio-agosto, +79 mila unità). Occupati in moderato aumento pure nell’industria, in ottobre (dati delle comunicazioni obbligatorie) e in novembre (secondo il PMI).
  • Export altalenante. L’export italiano apre male il 4° trimestre: -1,6% in ottobre (dopo +1,6% a settembre). Si osservano ampie differenze tra settori e paesi di destinazione: in robusta espansione il farmaceutico, in risalita i mezzi di trasporto, più deboli i macchinari; fanno da traino le vendite negli USA e in Turchia, fiacche quelle in Cina e soprattutto in Giappone. Si consolidano i segnali negativi provenienti dagli ordini manifatturieri esteri in novembre, per la debolezza della domanda globale e l’incertezza geoeconomica. Il commercio mondiale è ancora in crescita nel 3° trimestre, ma indicazioni negative per il 4° vengono dal PMI globale ordini esteri (46,2 in ottobre e novembre) e dall’indice di movimentazione portuale di container (netto calo a ottobre): pesano i rialzi dei costi, specie energetici.
  • Eurozona: industria in flessione. La fiducia, che era in calo da 8 mesi, è leggermente migliorata a novembre (93,7 da 92,7; indicatore ESI); tuttavia, il tenue aumento non si è esteso all’industria (-2,0 da   -1,2), segnalando un indebolimento delle prospettive. Anche il PMI composito diminuisce a novembre (47,3 da 47,8), soprattutto per la flessione nel manifatturiero (46,4 da 47,1); tengono invece i servizi (48,6 da 48,5). La debolezza nell’industria è riflessa anche nei dati sulla produzione: in ottobre la variazione acquisita per il 4° trimestre è di -0,3% in Germania, -0,5% in Spagna, -2,3% in Francia.
  • USA: crescita lenta. La FED, che ha alzato ancora i tassi a fine anno (a 4,5%), ha rivisto poco al rialzo le previsioni di crescita sul PIL nel 2022 (+0,5% da +0,2%) e molto al ribasso nel 2023 (+0,5% da +1,2%). I segnali per l’economia a novembre sono stati deboli: la produzione industriale è scesa dello 0,2% e il crollo inatteso dell’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (37,2 da 45,2) ha anticipato il calo sotto la soglia neutrale anche degli indici PMI e ISM manifatturieri. Le vendite al dettaglio sono diminuite di 0,6%, ma l’aumento della fiducia dei consumatori a dicembre sembra anticipare un rafforzamento.

         

Focus del mese - Extra-risparmio: quanto verrà speso per i consumi?


Risparmio ancora elevato. Il crollo dei consumi dal 2020, forzato dalle restrizioni anti-pandemia, ha generato un aumento senza precedenti del risparmio delle famiglie. Nel 2020-2021 la propensione è salita dall’8% ad un picco di quasi il 20%. Nel corso del 2022 è gradualmente scesa (9,2% nel 2° trimestre), ma rimane sopra il pre-Covid. Il CSC stima un ammontare di extra-risparmio accumulato in Italia tra il 1° trimestre 2020 e il 2° trimestre 2022 di circa 126 miliardi di euro (7% del PIL). L’ammontare di tali risorse è in linea con la media dell’Eurozona (7,3%, 900 miliardi), ma inferiore rispetto a quanto registrato negli USA, dove ha raggiunto il 12% del PIL, favorito anche da sostegni pandemici molto generosi.

Risorse per la crescita? L’extra-risparmio può svolgere potenzialmente un ruolo importante, come serbatoio di risorse, nel sostenere i consumi tra fine 2022 e il 2023. Ma in che misura? Ci sono tre motivi per cui l’ammontare di risorse che potrà alimentare nuovo consumo è, di fatto, molto minore.

1. Sono distribuite in maniera diseguale. distribuzione dei risparmi, accumulati maggiormente dalle famiglie ad alto reddito, limita la misura in cui tali risorse possono essere utilizzate per ammortizzare i rincari energetici e sostenere i consumi. Inoltre, le famiglie più abbienti hanno una minore propensione al consumo. Mentre le famiglie a minor reddito, che spenderebbero proporzionalmente di più, non sono state in grado di aumentare i propri risparmi. E sono le più colpite oggi, poiché la spesa per l'energia rappresenta una percentuale significativa del proprio reddito (12,1% nel quintile più basso, contro 6,7% nel quintile più alto).

2. Sono state in parte investite. Dai conti finanziari elaborati da Banca d’Italia emerge come parte delle risorse in eccesso sia stata allocata in fondi di investimento e partecipazioni (+23,4% a fine 2021 dal 2019) e fondi assicurativi e pensionistici (+11,2%), immobilizzando il risparmio, il cui valore può aumentare nella misura in cui viene destinato a strumenti finanziari remunerativi. Da inizio 2022, tuttavia, sebbene rimangano sopra i livelli pre-pandemici, le quote di queste forme di investimento si sono ridotte di nuovo, a favore di depositi e conti correnti. Il motivo può essere che la crisi energetica e la guerra hanno influito sulle decisioni finanziarie dei risparmiatori che, per prudenza e nonostante i rincari, stanno preferendo forme liquide.

3. Sono erose dall’inflazione. L’andamento crescente dell’inflazione (+11,8% a novembre) erode il potere d’acquisto delle risorse risparmiate, gravando sulle famiglie e influendo sulle loro decisioni di spesa. Complessivamente, si stima una perdita di circa 13 miliardi di euro rispetto al totale dell’extra-risparmio. Si riducono, quindi, le risorse disponibili per finanziare la spesa, perché l’extra-risparmio è anch’esso colpito dall’incremento dei prezzi (come il reddito), specie la parte che rimane “liquida” sui conti correnti.

Quanto extra-risparmio resta per la spesa? La possibilità che i risparmi accumulati confluiscano in maggiori consumi nei prossimi trimestri dipende, dunque, da molteplici fattori. La concentrazione dei risparmi tra le famiglie più abbienti è il più limitante. La detenzione delle risorse in forma “illiquida” riduce ulteriormente quelle fruibili per esigenze di spesa. Tenuto conto di questi due fattori e dell’erosione dovuta all’inflazione, la parte di extra-risparmio effettivamente spendibile è stimabile in circa 13 miliardi (poco più del 10%).

Ha già alimentato i consumi. Parte delle risorse accumulate sembra già essere confluita nei consumi delle famiglie, cresciuti molto nel 2° e 3° trimestre (+2,5% in entrambi), più di quanto registrato dagli altri paesi europei. La risalita dei consumi, tornati sopra il pre-Covid (+0,4%), non sembra spiegabile dal reddito disponibile nel 2° trimestre (+1,5% nominale, -0,1% reale). E’ stata spinta, invece, dalla flessione della propensione al risparmio (di -2,3 punti in primavera) e dai risparmi accumulati, sia nel 2° che nel 3° trimestre.

Prospettive: pesano incertezza e caro-energia. D’altro canto, l’incertezza derivante dal deterioramento delle prospettive economiche potrebbe indurre le famiglie, da fine 2022, a ulteriore risparmio “precauzionale”. Inoltre, il protrarsi del caro-energia (che riguarda consumi non molto comprimibili), potrebbe assorbire ulteriore extra-risparmio, riducendo l’impulso positivo sui consumi e accelerando la stagnazione.

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