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L’inflazione è rientrata, ma l’economia è debole. Ancora in difficoltà industria e servizi

L’inflazione è rientrata, ma i tassi sono ancora alti e l’economia è debole. Ancora in difficoltà sia i servizi, sia l’industria, che vede qualche luce. Il credito caro frena gli investimenti, mentre il mercato del lavoro non spinge i consumi. Il turismo da record tiene a galla l’economia italiana nel 2023. Faticosa la ripresa dell’export italiano, a fronte di consumi in fragile risalita nell’Eurozona. L’economia USA è in buona salute, gli emergenti quasi tutti in crescita.

L’economia italiana e internazionale in breve

  • Fase di stagnazione. Nel 4° trimestre il PIL italiano è stimato quasi fermo, dopo il +0,1% nel 3°: sia i servizi che l’industria restano deboli. Il rientro dell’inflazione aiuta, ma i tassi di interesse resteranno ai massimi ancora per alcuni mesi e il credito è troppo caro. Gli scambi mondiali e l’export italiano mancano di vero slancio, a causa di guerre e incertezza. Il costo di gas e petrolio non si è impennato, ma resta storicamente elevato (a dicembre, 39 €/mwh e 79 $/barile).
  • Inflazione giù. L’inflazione italiana è scesa ancora a novembre (+0,7% annuo, da +1,7%), grazie a un andamento favorevole di tutte le componenti. I prezzi energetici calano di più (-24,4% da -19,7%), mentre continuano a frenare lentamente i prezzi alimentari (+5,8% da +6,3%) e anche quelli degli altri beni (+2,4% da +2,9%) e dei servizi (+3,7% da +4,1%). La misura core (+3,1%) è tuttora elevata.
  • Tassi ancora alti. A dicembre sono rimasti fermi i tassi di FED (5,50%, ultimo rialzo a luglio) e BCE (4,50%). Negli USA lo scenario delineato dai future è di un primo taglio a marzo 2024: ovvero, tassi ai massimi per 7 mesi. Nell’Eurozona i mercati si aspettano mosse simili, con tagli nel 2024. Il rischio che si decidano nuovi rialzi negli USA (e in Europa) non può essere escluso, ma il calo dell’inflazione lo ha reso meno probabile. Intanto, il BTP italiano è sceso di 0,95 punti dal picco di ottobre (il Bund di 0,65).
  • Servizi deboli. L’RTT index (CSC-TeamSystem) ha continuato in ottobre a segnalare una contrazione dell’attività nei servizi. Che in novembre si sarebbe molto moderata secondo il PMI (a 49,5, da 47,7), ma potrebbe essere proseguita a giudicare dall’ulteriore erosione della fiducia delle imprese del settore.
  • Industria: qualche luce. Il 4° trimestre si preannuncia tra luci e ombre per l’industria, dopo un 3° appena positivo (+0,2% il valore aggiunto, ma -2,1% tendenziale). A ottobre RTT ha segnalato un fatturato in risalita, ma per decumulo scorte: -0,2% la produzione (-2,0% da inizio anno); metà dei settori è in calo (tessile -11,3% tendenziale), metà cresce (farmaceutica +10,4%). A novembre nella manifattura il PMI è sceso (44,4 da 44,9), ma la fiducia delle imprese mostra un recupero (96,6 da 96,1).
  • Il credito caro frena gli investimenti. A ottobre il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora (5,46% in media, 5,95% per le piccole), ma si è attenuata la caduta dei prestiti (-5,5% annuo, dal minimo di -6,7%) e i prestiti in sofferenza si sono assottigliati per il secondo mese (19 miliardi). Le condizioni difficili del credito ne riducono l’uso per finanziare investimenti: quelli delle imprese in impianti e macchinari registrano il secondo calo di seguito (-0,9% nel 3° trimestre, -0,4% nel 2°), mentre quelli in costruzioni recuperano (+0,6% in fabbricati non residenziali, +0,4% in abitazioni) dopo la forte caduta nel 2°. Gli investimenti totali risultano in lieve calo nel 3° (-0,1%), dopo il crollo nel 2° (-2,0%).
  • Il lavoro non spinge i consumi. Nel 2023 il monte retributivo nominale nel settore privato è stimato crescere del 5,8%, rispetto al 5,6% acquisito al 3° trimestre, grazie all’espansione di occupazione e salari attesa nel 4°. Il settore pubblico, in mancanza di rinnovi contrattuali, frena la crescita del monte retributivo. Con un’inflazione annua di 5,7% acquisita a novembre, non si vede una spinta del mercato del lavoro ai consumi delle famiglie: robusti nel 3° trimestre (+0,7%), sembrano aver frenato nel 4°.
  • Faticosa ripresa dell’export. Dopo un 3° trimestre in recupero, a ottobre le vendite di beni italiani all’estero sono cresciute grazie soprattutto ai flussi extra-UE (OPEC e USA). Le prospettive per gli ultimi mesi del 2023, però, restano deboli: la domanda di beni manifatturieri italiani dall’estero diminuisce, sebbene a ritmo minore; a novembre ancora negative le attese sul commercio mondiale (48,1 da 47,5).
  • Eurozona: consumi in fragile ripresa. Nel 3° trimestre i consumi delle famiglie dell’Area sono tornati a crescere (+0,3%), dopo essere rimasti fermi per sei mesi. La fiducia dei consumatori, però, dopo un graduale recupero, peggiora a ottobre e novembre (-17,4 in media, da -16,3 nel 3°), in particolare le aspettative sulla situazione economica (-25,4 da -23,3), segnalando prospettive fragili.
  • USA in buona salute. Il PIL nel 3° trimestre è stato rivisto ulteriormente al rialzo (+1,3% da +1,2%), grazie al contributo di tutte le componenti (consumi +0,6%), tranne le esportazioni nette; gli investimenti residenziali hanno ripreso a crescere dopo nove trimestri. A ottobre la produzione industriale ha subito un calo (-0,6%), anche se il salto dell’indice dei Direttori degli acquisti di Chicago (55,8 da 44,0) prefigura un rimbalzo a novembre. In forte miglioramento la fiducia dei consumatori.
  • Emergenti quasi tutti in crescita. In Cina la manifattura torna a crescere, trainata dai nuovi ordini legati alla domanda interna, mentre quella estera è flebile. Anche in Russia crescita vivace, ordini in aumento, ma domanda estera debole. In India l’industria cresce da mesi a ritmi alti e calano ai minimi le pressioni inflazionistiche da costi. Solo in Brasile l’industria continua a contrarsi e calano gli ordini.

         

 

Focus del mese - Il turismo da record tiene a galla l’economia italiana

  • Decisivo per la dinamica del PIL nel 2023. C’è una voce tra le componenti del PIL italiano (appena +0,1% tendenziale nel 3° trimestre 2023) che è andata molto bene nei primi nove mesi di quest’anno e sta sostenendo la dinamica complessiva: fa parte dell’export di servizi (+4,1%) ed è la spesa degli stranieri in viaggio in Italia, ovvero gran parte del valore economico diretto del turismo nel Paese.
  • Mai così elevata la spesa dei turisti stranieri. Il contributo degli stranieri al boom turistico è stato cruciale: a settembre 2023 è proseguita l’espansione della spesa dei viaggiatori esteri in Italia: +11,8% sul 2022 (a prezzi correnti); il record è stato toccato a luglio. Questa spesa, se comparata con i livelli pre-pandemia, mostra un +24,5% sul 2019. Che è solo in piccola parte dovuto all’aumento dei prezzi dei servizi turistici (circa +6,0% nel 2023). Complessivamente, a fine 2023 gli introiti dal turismo straniero arriveranno oltre i 50 miliardi di euro, superando ampiamente i 30 miliardi relativi al turismo italiano all’estero.
  • Cruciale per l’economia italiana (e spagnola). La ripresa dei viaggi, fin dal 2021 e poi con più forza nel 2022 e 2023, ha influito positivamente soprattutto nei paesi in cui il peso (totale) del turismo in percentuale del PIL è maggiore, come Spagna e Italia (circa 11% del valore aggiunto). La ripartenza del turismo si è riflessa, infatti, in tali paesi, in una dinamica dei consumi e dell’occupazione molto positiva, come evidenziato anche nell’ultimo rapporto previsivo del FMI (WEO di ottobre 2023).
  • L’extra-risparmio alimenta i consumi di servizi. Un ruolo decisivo nella ripresa del turismo lo ha svolto, nel 2023, il decumulo di extra-risparmio messo da parte durante la pandemia. In Italia, la propensione al risparmio delle famiglie è stata quest’anno ben sotto i livelli pre-Covid, registrando un 6,7% nel 1° trimestre e un 6,3% nel 2° (contro l’8,2% in media nel periodo 2015-2019). Anche all’estero le famiglie hanno decumulato risparmio, spendendolo in patria, ma anche in Italia e altrove, per viaggi e gite turistiche. I risparmi in eccesso, italiani ed esteri, hanno così alimentato la spesa per i servizi in Italia, che è aumentata in tutti e tre i trimestri del 2023: +0,4% nel 1°, +2,4% nel 2° e +1,4% nel 3°. Tale espansione sembra riflettere, in particolare, un supporto più consistente proveniente dalle famiglie più abbienti, che sembrano aver aumentato la propria propensione marginale al consumo perché più in grado di finanziare la spesa per il tempo libero, avendo accumulato più risorse “extra” durante la pandemia (Banca d’Italia, QEF n. 797 di ottobre 2023).
  • Servizi di alloggio ai massimi. L’ottima performance turistica si è riflessa nel settore alberghiero italiano, che ha beneficiato di un vero e proprio boom. Il fatturato dei servizi di alloggio, che è andato meglio del totale dei servizi, già nel 2022 si collocava sopra i valori pre-pandemia e ha proseguito la crescita quest’anno: +28,8% nel 3° trimestre rispetto allo stesso periodo del 2019, di cui +7,1% rispetto al 3° 2022. Sembra perciò essere tornato l’ottimismo tra le imprese del settore dell’ospitalità: secondo il Barometro di Booking, il 41% degli albergatori italiani prevede che il 2023 sarà l’anno con il fatturato più alto di sempre.
  • Gli arrivi possono ancora crescere. Nonostante i recenti record, rimane ancora un margine di crescita nel settore dell’alloggio in Italia: l’utilizzazione dei letti negli esercizi alberghieri è risalita al 48,3% nel 2022, rispetto al 49,0% nel 2019 e dovrebbe essere cresciuta ancora nel 2023, ma comunque su valori che possono salire ulteriormente. Anche le strutture non-alberghiere possono continuare a fornire un contributo importante: fino al 2022 le presenze in tali strutture sono cresciute di più rispetto a quelle negli alberghi.
  • Ma prospettive incerte. Il rilancio del turismo è compiuto in termini di livelli, ma il ritorno sulla traiettoria di crescita pre-pandemia potrebbe essere ritardato dalla fase di stagnazione che coinvolge l’economia italiana e mondiale. Decisivo sarà cogliere i cambiamenti in atto nel settore, che le imprese italiane sembrano aver ben individuato: preferenze dei viaggiatori più orientate ad esperienze di lusso (+57% nell’ultimo decennio il numero di alberghi a 5 stelle); nuove destinazioni e cambiamento climatico; nuove tecnologie “virtuali”, per preparare (sostituire?) i viaggi “in presenza”.

 
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